Ascolto parallelo con ElFecondadòrDelPartenón #13: Syro (2014) di Aphex Twin

25 settembre 2014 § Lascia un commento

Volevo qualcosa di grosso per finire la pausa estiva e ce l’avevo. Era proprio questa, ma è arrivata a inizio autunno, mi scuso con tutti. Volevo fare pure un riassunto delle varie (ri)scoperte/conferme/altricazzi del mese di agosto, ma è troppa roba: FKA twigs, Von Lmo, Gareth Evans, Lick My Decals Off, Baby; ma ora non solo è tardi, ma mi è impossibile scrivere ogni cosa per bene.
Ad ogni modo, la fotta è considerevole, dato il fatto che non ci sono stati inediti a nome Aphex Twin dal 2001. Inutile stare qua a darvi ragguagli, perché già sapete tutto. Doveva essere un’anteprima, ma mi pesava il culo di editare tutto e l’articolo è uscito dopo il disco. Però ricordo che tipo di pubblico ho, quindi sto con l’anima in pace. Bando alle ciance, andiamo a vedere cosa ha riservato per noi il buon Richard nel suo nuovo album, Syro. « Leggi il seguito di questo articolo »

Ascolto parallelo con ElFecondadòrDelPartenón #6: Reflektor (2013) degli Arcade Fire

26 ottobre 2013 § Lascia un commento

Andiamo con ordine.

Ovidio, Virgilio e infiniti altri raccontano a modo proprio e con infinite varianti il mito di Orfeo, un artista “gratia artis” che chiava a destra e a manca prima di innamorarsi perdutamente di Euridice, che muore morsa da un serpente e costringe Orfeo addolorato a scendere negli Inferi per riprendersela, armato di lira. A ciò accondiscende Persefone, moglie di Ade, a una condizione: non guardarla in faccia prima d’aver lasciato l’Ade (giustamente, sulla targhetta della porta c’è sempre il cognome del marito). Ma Orfeo non resiste, rompe la promessa, si volta ed Euridice, scomparendogli davanti agli occhi, torna negli Inferi e ci rimane per sempre. Lo sconsolato Orfeo viene ucciso e fatto a pezzi dalle Baccanti, secondo alcuni stanche delle sue lamentele, secondo altri rimaste a fessa vacante dopo la sua conversione all’omosessualità.

Verso metà Ottocento, Søren Kierkegaard parla del presente (il suo, ma volendo anche il nostro) come di un’età vuotata di passione ed entusiasmo e votata alla comprensione e all’indolenza.

Nel 1949, Jean Cocteau dirige Orphée, ma non ce ne fotte.

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